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venerdì 18 novembre 2011

IL CASO DI ROCCAVENTOSA - CAPITOLO IV

........ SEGUE

  Salì i gradini e varcò l’ingresso. Si diresse sulla destra, verso una porta aperta dalla quale c’era un intenso viavai. Entrò in un salone ampio, rettangolare, antico, pavimentato da tavole di legno coperte da tappeti. Le pareti erano tappezzate da parati di seta, piuttosto consunte, i grandi finestroni avevano gli scuri accostati, i tendoni di velluto chiusi creavano la giusta penombra, in un camino enorme, a metà stanza, ardeva un fuoco tranquillo, fioco, che sembrava in armonia con l’atmosfera.
  Il soffitto era coperto da lacunari in legno e immagini, affreschi, iniziali, stemmi, effigi a mezzo busto.
  In fondo alla stanza un tripudio di fiori bianchi e il feretro.Su di una alta cassa in legno, coperta da un drappo di velluto azzurrognolo, c’era il corpo esanime della povera donna morta, contratto sotto un velo grigio. Si avvicinò e scorse quelli che dovevano esseri i congiunti.
  Fece un inchino deferente a tutti, poi si diresse verso quello che appariva il capo famiglia.
  Si presentò, porse le condoglianze e chiese di poter parlare in privato.
  L’uomo si alzò con riluttanza. Gli fece cenno di seguirlo. Dietro di loro si incamminò anche quello che doveva essere il fratello. Salirono al piano superiore ed entrarono in uno studio. Era una stanza ordinata e funzionale, priva della patina di nobiltà e di antico che si respirava al piano inferiore.
  Costa contò fino a dieci, mentalmente, poi ruppe il ghiaccio. Cominciò a parlare con estrema pacatezza.
  «Mi dispiace presentarmi a Voi in questa circostanza. Ma da quel che mi è stato raccontato ho motivo, valido motivo di ritenere che la signora, vostra zia, sia stata avvelenata».


                                                                                                                                                                          ........ SEGUE

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